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Andrea Micheli |
Quando
si tratta di alpinismo mi dico fotografo; sulla terza di copertina
dei libri di fotografia mi definisco naturalista; con gli amici ecologisti sottolineo la mia attività alpinistica. Così, nell'alone di mistero che ho creato, posso ben far quel che voglio senza preoccuparmi di rispettare i dogmi, i rituali e le regole della disciplina. Perché questa lunga introduzione? Per dichiarare a cuor leggero che mi attacco ai chiodi, che spesso ho paura, che non ho mai infilato pantacollant, e che ogni tanto mi piace rischiar le piume. Per fuggire l'auto ghettizzazione tipica di chi si specializza in una attività, arrampico con chi non arrampica; lego all'altro capo i miei compagni di cordata, metto loro ai piedi un paio di scarpette larghe e in mano l'otto, e a sera han salito il Mellotron senza saper cosa hanno fatto. Ho cominciato ad arrampicare per dar forma alle lunghe giornate estive trascorse nella casa della nonna ai Bagni di Masino; ho continuato a farlo senza pormi problemi, per il solo piacere che mi dava. Poi, giunta l'età che richiede una spiegazione razionale per ogni nostra azione, ho letto Karl, Robbins, Gobetti. E ho continuato ad arrampicare sapendo che ci sono delle ragioni elevate per farlo, e che altri prima e meglio di me le hanno indicate, e che mai più avrei dovuto preoccuparmene. Con Andrea Gobetti ho anche fatto un libro per l'editore Skira; si chiama Animalia Tantum ed è un'immersione fotografica e di racconti nel mondo degli animali, alpinista compreso. |